Lutero e Aristotele,
una citazione al giorno
28 aprile 2025
Tempo fa, quando dovevo ingoiare la teologia scolastica, mi diede occasione di riflettere il quarto libro delle Sentenze del Cardinale Cameracense, in cui egli argomenta con grandissimo acume che, se la Chiesa non stabilisse il contrario, sarebbe cosa molto più ragionevole e tale da richiedere un minor numero di miracoli superflui, se sull’altare ci fossero anche il vero pane e il vero vino e non solo i loro accidenti. Ma quando poi ho capito che razza di Chiesa era quella che aveva stabilito queste cose, una Chiesa tomistica, anzi aristotelica, sono diventato più ardito; io che ero sempre tra Scilla e Cariddi, ho finito per propendere per la prima delle due ipotesi, e cioè che c'è vero pane e vero vino, e proprio in questi si trovano la vera carne e il vero sangue di Cristo, in senso non diverso né meno pregnante da quello usato da loro, per i quali corpo e sangue si trovano sotto gli accidenti di pane e vino. L'ho fatto perché mi sono accorto che le opinioni dei tomisti, per quanto approvate dal Papa o dal Concilio, rimangono opinioni e non possono diventare articoli di fede quand'anche scendesse dal cielo un angelo a stabilire il contrario. Ciò che infatti si afferma appoggiandosi su un fondamento diverso dalle scritture o dalla rivelazione autentica, appartiene al novero dell'opinabile, non delle cose da credere per fede. E questa opinione di Tommaso è così traballante, senza alcun fondamento biblico o razionale! Mi dà l'impressione che Tommaso non capisca neppure più la sua stessa filosofia e la sua dialettica. Aristotele infatti tratta degli accidenti e del sostrato in modo ben diverso da san Tommaso; fa proprio dispiacere che un così grande uomo non solo abbia introdotto le opinioni aristoteliche nelle cose di fede, ma abbia tentato di fondarle appoggiandosi su un Aristotele male interpretato. Una struttura quanto mai precaria sulla base del più precario dei fondamenti!
De captivitate Babylonica ecclesiae praeludium
1520 - WA 6,508,7-26
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